Mostra personale dell’artista legnaghese a Malcesine, Palazzo dei Capitani, dal 3 al 9 settembre 2018.
Racconta Stellina che da piccola la madre sapeva così tanto affascinarla con  misteriose favole, da farle tralasciare talvolta il gioco per divertirsi a disegnare con i pastelli, o a modellare con il pongo, un mondo magico popolato da castelli e antri di maghi. “Credo di non essere mai del tutto uscita da quella fase adolescenziale”, confessa con ironia. “Mi sono costruita un mondo parallelo in cui si materializzano le mie fantasie. Sono sogni legati all’infanzia in Toscana, ai paesaggi nebbiosi di Ferrara dove ho abitato fino ai vent’anni, non troppo dissimili da quelli della mia pianura veronese.” Questa “archeologia personale”, unita ad archetipi ancestrali come il sole, la luna, il mare, il fuoco, la madre terra, sono il fertile humus da cui trae origine la narrazione artistica di Stellina Cirincione. Le intriganti creature dell’artista popolano una contemporaneità fatta di donne sensuali e solitarie, dai capelli mossi da un vento che non c’è, accomunate da una stessa misteriosa attesa.
Figure provenienti da un recondito mondo onirico, che guardano sempre davanti a sé,inserite in un preciso contesto spaziale e temporale, senza alcun apparente legame con la realtà. Esprimono leggerezza e grazia, permeate dal disincanto con cui Stellina guarda, con stupore sempre nuovo, sia la modernità che la memoria dell’antico. Sono donne sicure della propria femminilità esibita e trionfante, altre invece appaiono più leziose e descrittive, come certe coloratissime sculture raku.
“ Nei miei lavori – spiega l’artista – c’è sicuramente un riflesso del mio vissuto. Sono tutti flash di destini che si sono incrociati con il mio, in questa vita o forse in una precedente. Ho un occhio aperto ed uno chiuso, perché da una parte ho voglia di lottare, di domare la vita, di vedere chi vincerà, dall’altra una certa dose di riservatezza mi fa rifugiare nelle mie fantasie.”
Stellina Cirincione è così, come si manifesta nelle sue opere: nella sua visione del mondo c’è bisogno di concretezza, ma anche di idealità, come racconta la sua scultura intitolata “Sogno e memoria”, dove una donna dalle vesti di un acceso colore giallo, con lo sguardo rivolto verso la propria spalla, soppesa tre simboli sovrapposti: una casa, un sole, una colomba. Dunque il bisogno di stabilità, della luce che dà vita, del senso di libertà che sa dare il volo.
Laura Sebelli