di Mariapia De Carli
Una vita passata in ufficio, in corsia, in cattedra… insomma al lavoro e poi, da un giorno all’altro, ci si ritrova a casa, in pensione. Per alcuni questo è il momento di fare tutto ciò che si è dovuto trascurare prima. Per altri è uno spauracchio: a 65 anni più o meno, ancora giovani ma non più giovanissimi, ci si sente vuoti, inutili e, soprattutto, le giornate possono apparire lunghissime e senza scopo. Nei casi peggiori questa sensazione può degenerare in forme depressive più o meno severe, che si possono far sentire anche con alcuni disturbi fisici. Tutto dipende dal significato che viene dato a questa tappa della vita. Se, infatti, una persona è abituata a riconoscersi in un’unica dimensione, quella lavorativa, il momento della pensione coincide con una perdita d’identità. L’impalcatura dell’Io scricchiola, in quanto non si è riusciti a costruire, nel tempo, un adeguato scudo attraverso stimoli alternativi, tanto di tipo emotivo quanto di tipo cognitivo. Non solo. Trascorrere l’età adulta legandosi alla rassicurante ma ripetitiva routine lavorativa innesca una sorta di dipendenza da quest’ultima. Quali sono i segnali spia di una crisi? La chiusura in se stessi, i silenzi, le giornate passate fra letto, poltrona e TV. Quello che potrebbe apparire come il comportamento di una persona che, dopo anni di lavoro, si gode finalmente un po’ di relax, rischia invece di alterare in senso negativo delicati equilibri psicofisici. Alzarsi tardi al mattino, per esempio, non è positivo: è nelle prime ore della mattinata che il nostro organismo produce specifici ormoni, detti corticosteroidi, che lo preparano ad affrontare gli impegni quotidiani. Anche se si è in pensione, dunque, mantenere un regolare ritmo sonno-veglia e puntare la sveglia è fondamentale per non iniziare la giornata già stanchi. Un altro segnale preoccupante è un mutamento nel rapporto con il cibo: con il quale si può eccedere o, più frequentemente fra gli over 60, diventare sin troppo parchi, debilitandosi. Un terzo e poco piacevole effetto di questa stagione della vita è quello di tendere all’ipocondria, rivolgendosi di continuo al medico di base o al farmacista. Questo atteggiamento, alimentato da una cultura diffusa che non valorizza come si converrebbe i senior, contribuisce ad alzare il rischio di depressione: rischio che non va trascurato anche perché diversi studi hanno evidenziato come negli anziani esponga al pericolo di malattie degenerative del sistema nervoso, come quella di Alzheimer, e di patologie cardiovascolari. Per evitare tutto ciò bisogna ripensare questa tappa delicata affrontandola come un’opportunità per rimettersi in discussione. E non bisogna avere timore di rivolgersi a uno psichiatra, se lo stato depressivo si protrae per troppo tempo. Lo specialista potrà intervenire con una terapia farmacologica di supporto; anche la psicoterapia può rappresentare un valido aiuto. Non è mai troppo tardi per trovare una nuova chiave di lettura alla propria vita: anzi, a 60, 65, 70 anni si è forti di un bagaglio cognitivo che favorisce il lavoro con il terapeuta. Non bisogna dimenticare poi, che anche la vita di coppia può essere messa a dura prova. Gli uomini, di solito, ne risentono di più perché, per ragioni culturali, sono più abituati a identificarsi solo con il lavoro. le loro compagne che, nel frattempo, hanno già superato la difficile tappa della menopausa, sono emotivamente più forti e abituate a realizzarsi anche nella maternità o comunque nella cura degli affetti. Essere abituate a gestire in autonomia la propria casa e i propri spazi e convivere con un partner depresso può innescare pericolosi meccanismi di rabbia, liti e recriminazioni su cui è doveroso intervenire. Restando in tema di contesto familiare anche i figli devono stare vicino nel modo giusto ai genitori. Esortare un nonno un po’ smarrito a prendersi cura dei nipoti come se fosse un suo dovere, con la scusa che si tiene occupato, è sbagliato e rischia di farlo sentire ancora più inadeguato. Accudire i nipotini deve essere un piacere: meglio allora  trascorrere del tempo tutti insieme senza imporre ai nonni il ruolo di baby sitter. Da non sottovalutare l’importanza di dedicarsi ad attività creative: imparare a suonare uno strumento o rispolverarlo dal cassetto, darsi alla pittura o alla scrittura o, semplicemente, mettere a frutto le proprie abilità manuali è un modo formidabile per ridare significato alla propria esistenza e ripartire da sé facendo largo a una passione e un talento anche inesplorati.