IN DIRETTA MONDOVISIONE IN PRIMA SERATA RAI1 DALL’ARENA DI VERONA

21 (Serata inaugurale), 28 giugno 2019 – ore 21.00  ·  11, 19, 25 luglio 2019 – ore 21.00

1, 8, 17, 22, 30 agosto 2019 – ore 20.45  ·  5 settembre 2019 – ore 20.45

Venerdì 21 giugno alle 21 La Traviata di Giuseppe Verdi inaugura l’Arena di Verona Opera Festival 2019: la nuova produzione dell’opera più conosciuta e amata al mondo porta la firma del grande Franco Zeffirelli per regia e scene, di Maurizio Millenotti per i costumi e dell’étoile Giuseppe Picone per le coreografie. L’allestimento kolossal è tra i più ambiziosi mai realizzati dai laboratori veronesi e corona il sogno del maestro fiorentino dopo 60 anni di lavoro sul capolavoro verdiano. Gli artisti, la direzione e tutte le maestranze del Festival sono uniti nell’omaggio a Franco Zeffirelli a pochi giorni dalla scomparsa. Daniel Oren, Direttore Musicale del 97° Festival, sale sul podio alla guida di Orchestra e Coro dell’Arena e di un cast di stelle internazionali per 11 serate, con un evento speciale il 1 agosto con Oropesa, Grigolo e Domingo.

A dare vita alla protagonista Violetta Valéry è un quartetto di grandi voci e grandi presenze sceniche, assolutamente necessarie per un palco che, meglio di ogni altro, sa esaltare la nuova generazione di interpreti dell’Opera, così attenta alla recitazione e vicina all’immaginario cinematografico: il soprano polacco Aleksandra Kurzak, finissima musicista oltre che cantante richiestissima dai migliori teatri del mondo; l’americana Lisette Oropesa, vera star dell’ultimo festival rossiniano di Pesaro; la croata Lana Kos, molto legata al palco areniano dove debuttò nel 2011 con La Traviata di Hugo de Ana, e la russa Irina Lungu, più volte applaudita dal pubblico veronese.

Protagonisti de La Traviata sono interpreti affermati in tutto il mondo, tra attesi debutti e ritorni straordinari: come Alfredo fanno il loro esordio all’Arena di Verona Pavel Petrov, quindi Raffaele Abete e infine Stephen Costello. Come Germont padre eccezionalmente torna per le prime recite Leo Nucci, cui si avvicendano altre tre giovani e autorevolissime voci verdiane: Simone PiazzolaAmartuvshin Enkhbat e Badral Chuluunbaatar. Inoltre, per la sola recita del 1 agosto, accanto a Lisette Oropesa, calcano il palcoscenico areniano Vittorio Grigolo e per la prima volta come Giorgio Germont Plácido Domingo, nella settimana in cui festeggia i 50 anni dal debutto in Arena e in Italia, nonché il primo storico incontro proprio con Franco Zeffirelli, avvenuto alla Scala nel 1969.
Comprimari di lusso sono impegnati in tutti i ruoli, come la Flora di Alessandra Volpe Clarissa Leonardi, il Gastone di Carlo Bosi e Marcello Nardis, il Barone Douphol di Gianfranco Montresor eNicolò Cerianil’Annina di Daniela Mazzucato, il fido Giuseppe di Max René Cosotti. Completano il cast Daniel Giulianini Dario Giorgelè come Marchese d’Obigny, Romano Dal Zovo Alessandro Spina come Dottor Grenvil, Stefano Rinaldi Miliani nel doppio ruolo di Domestico e Commissionario.Prime ballerine ospiti ad animare le sontuose feste parigine sono Petra Conti ed Eleana Andreoudi, circondate dal Ballo dell’Arena di Verona coordinato da Gaetano Petrosino.


VIOLETTA, MON AMOUR”

Note di Regia di Franco Zeffirelli

Mi ha riempito di felicità la telefonata che mi giunse da Fondazione Arena alla fine della scorsa estate comunicandomi l’intenzione di mettere in scena, nella mia amata Arena di Verona, una nuova produzione di Traviata: l’opera delle opere, che raccoglie come in un prezioso forziere tutte le emozioni, gli spasimi, le estasi, le furie fiammeggianti che si vivono soltanto attraverso il Melodramma.

Un’opera perfetta, dunque? Come modello musical-drammatico ritengo proprio di sì. Ma in più La Traviata sa abbracciare il cuore di tutta la cultura che ci ha regalato il Teatro di Musica. È infatti anche un’altissima vetta del belcanto, è intrisa di afflati romantici ed è già premonitrice delle lacerazioni del verismo incombente. Un connubio perfetto che avevo colto (è sempre un’opinione personale) forse soltanto in Don Giovanni. Sono entrambe creazioni pienamente compiute e veramente assolute del genio umano che sanno colpire il cuore e avvincere la mente. Tutte e due (come più tardi Tosca, forse) portano in dote delle perfette macchine teatrali che ispirano il genio del musicista in un’unione perfetta tra musica e dramma che ha ben pochi riscontri.

Insomma, senza far torto ai grandi capolavori del Teatro Musicale che ho avuto la ventura di accompagnare su tanti palcoscenici del mondo, dopo Don Giovanni e Tosca, La Traviata è la mia opera prediletta. Forse anche perché si intreccia prepotentemente ad un momento magico della mia personale storia: incontrai Violetta la prima volta alla Dallas Civic Opera ed era Maria Callas.

       Questa produzione di Traviata che presentiamo è una nuova versione che per desiderio (e necessità) tratta gli spazi del gioiello che è il palcoscenico dell’Arena in modo diverso dal solito. Un’operazione che si prospettava assai difficile ma che alla fine si è tramutata in una felice e soggiogante espansione dell’idea originale, senza alcuna violenza né snaturamento.

Mettendomi di nuovo al lavoro su La Traviata, mi rendo conto di quanto sia esplosiva quest’opera. In origine il romanzo da cui è tratta, La dame aux camelias, era molto moralizzante: prendeva le difese di queste povere fanciulline che venivano usate e buttate e a cui veniva negato di fare un passo indietro. Guai se l’avessero osato: troppo compromesse per essere accettate dalla stessa società che le usava.

La morte di Violetta è eccezionalmente una morte da perfetta cristiana, anzi da Santa: i sacramenti, la confessione, il ricordo dei poveri. Ma mai santa abbastanza: è un personaggio diverso dalle altre donne angelicate di Verdi. Come lui scriveva ai suoi collaboratori, quando si andava troppo sull’angelico: sì, era giusto farla pregare, non dimenticando però che «è sempre una puttana».1 Allora convenivano che, quanto più puttana era stata, tanto più santa diventava dopo. Del resto non è il primo caso di figura di donna “santificata” nonostante un passato compromettente: si veda l’esempio archetipico di Maria Maddalena, fondamentale persino nella storia della Chiesa.

La Traviata ci racconta una vicenda che potrebbe avvenire in ogni tempo, in qualunque momento della nostra vita e questa è stata proprio la sua forza, quella forza che la rende regina del Melodramma. È un capolavoro di statura epocale che, ogni volta che lo affrontiamo, sembra sorridere alla vanità dei nostri sforzi di interpretarla o di stravolgerla. Con fiocchi o senza fiocchi, quello che Verdi vuol dire riesce sempre ad arrivare alle nostre anime, impossibile da fraintendere: una storia d’amore e redenzione che resiste immutata allo scorrere del tempo in tutta la sua bellezza e completezza. La Traviata è dunque l’amante costante che con i suoi incantesimi «par discesa in terra a miracol mostrare».

La nuova produzione all’Arena di Verona quindi, modestamente e umilmente, intende soltanto facilitare questo rapporto d’Amore, chiaro, forte, imperituro. Finchè ci sarà quello straordinario strumento di linguaggio e d’arte che si chiama Opera, ci sarà sempre un’enorme attrazione nel pubblico: non credo verrà mai una generazione di mostri che non si riconoscerà né sentirà palpiti nel rivisitare la storia di Violetta e Alfredo, così umana e toccante; anche in un tempo in cui non ci saremo, la parabola della Traviata continuerà a suscitare emozioni profonde e nascoste nell’animo di chiunque la vedrà e la ascolterà.

Franco Zeffirelli

1 Nel febbraio del 1854, prima del debutto romano di Violetta (nuovo titolo per l’occasione), così scriveva Giuseppe Verdi all’amico scultore Vincenzo Luccardi in una lettera ormai celebre: «la Censura ha guastato il senso del dramma. Han fatto la Traviata pura ed innocente. Tante grazie! Così han guastato tutte le posizioni, tutti i caratteri. Una puttana deve essere sempre puttana. Se nella notte splendesse il sole, non vi sarebbe più notte. In somma, non capiscono nulla».

(servizio a cura di Roberto Tirapelle)