di Andrea Panziera

Da una settimana sui media l’unico argomento di discussione sembrano essere le recenti elezioni nella regione Umbria. In realtà , se si analizzano i presupposti oggettivi con un minimo di cognizione di causa, l’esito delle medesime non suscita stupore alcuno. Da tempo l’amministrazione della maggior parte dei Comuni aveva cambiato colore politico e quindi il voto del 27 ottobre non ha fatto altro che certificare a livello generale quanto già accaduto a livello locale. L’escamotage delle liste civiche, pur nel doveroso rispetto delle ottime persone della società civile che ne sono state la bandiera, non pare sufficiente a mascherare difficoltà evidenti in questa o quella forza politica.

Questo giudizio prescinde da ogni considerazione in merito ai player alla guida dei partiti/movimenti che si contendono il potere , alle loro idee, programmi e visioni del futuro dell’Italia e della sua collocazione nei consessi internazionali.

La mia sensazione è che il nostro Paese, quantomeno dal 2011 ma probabilmente anche da prima, stia rimandando con sempre maggiore fatica un processo di resa dei conti con la realtà che presto o tardi ci presenterà un conto salatissimo. Certo, non tutti i nostri non eccelsi governanti del passato hanno le stesse responsabilità, anzi; qualcuno ha tentato di dare una scossa positiva ad una Nazione incattivita sul piano civile e piena di contraddizioni su quello economico, mettendo in cantiere (ma non riuscendo a realizzare) quel minimo di riforme che ci avrebbero consentito di ridurre le distanze con gli altri Paesi.

Il problema è che, oltre a qualche pesante deficit di moralità di una nostra discutibile classe dirigente, il pensiero predominante, in quanto condiviso, da gran parte della popolazione si nutre di pietose bugie e illusioni, convinto che vi siano complotti dei c.d. “poteri forti” , nazionali ed esteri, privati o istituzionali, che tramano per tenere il Belpaese sotto scacco ed in posizione di inferiorità. Secondo questa vulgata basterebbe liberarsi delle catene che legano la nostra capacità di intraprendere per dar vita ad un radioso futuro di sviluppo sociale ed economico; tradotto in termini operativi, se l’Italia potesse mettere mano a deficit di Bilancio finalizzati al finanziamento di investimenti produttivi potrebbe uscire dalle secche di una crescita asfittica ed appaiare quella dei nostri competitors.

Poco male se per attuare questo disegno sarebbe necessario stampare carta moneta in quantità industriale; le persone avrebbero in tasca molti più quattrini da spendere, con buona pace dell’inflazione, della svalutazione, dello spread e di tutte le altre diavolerie incomprensibili del lessico finanziario. Insomma, il mito di Prometeo trasportato ai giorni nostri e confezionato su misura per i nostri concittadini. Mi sembra che la strada verso cui ci stiamo avviando sia proprio questa e probabilmente il percorso è molto più avanti di quanto comunemente si creda.

Mi pongo solo una domanda: ma alla fine del tragitto è prevista la catarsi salvifica ? e nel caso, chi sarà il capro espiatorio ?