L’ex presidente americano Donald Trump e l’assessore all’istruzione del Veneto Elena Donazzan sono stati esclusi dai social network: scoppiano le polemiche

Di: Samuela Piccoli

LEGGI ANCHE: Don Renzo Guardini: fede, bicicletta e… “fede bianconera”

Sono di qualche giorno fa le notizie riguardanti fatti di cronaca che hanno coinvolto due politici ai lati opposti del globo. Entrambi hanno visto oscurare i propri profili social per comportamenti non propriamente consoni alle regole stabilite dai social stessi.

Donald Trump, l’assalto a Capitol Hill e i social network

Cr. ph. Il Corriere

Dopo l’assalto di Capitol Hill da parte dei sostenitori di Trump, Facebook, Twitter, Snapchat, Twich e Instagram hanno deciso di sospendere, a tempo indeterminato, i profili dell’ex presidente o, quantomeno, finché non si sarà insediato il nuovo presidente Joe Biden. Twitter chiude l’account di Trump accusandolo di aver ripetutamente violato le regole e aver incitato il suo popolo alla violenza. Il social network aveva già cancellato diversi tweet in cui contestava la validità delle elezioni, bloccando il suo profilo per 12 ore. Dopo i fatti di Capitol Hill, la situazione si è aggravata e Twitter, cosi come Facebook e You Tube, ha deciso di eliminare anche il video in cui The Donald, pur invitando i manifestanti a tornare a casa, reiterava le accuse di probabili brogli elettorali.

Anche Facebook, nella figura di Mark Zuckemberg, giustifica la decisione sottolineando che lasciare aperti gli accessi all’ex presidente sarebbe un rischio troppo alto. Negli anni, gli è stato permesso di usare la piattaforma di Facebook, nonostante talvolta i post violassero le norme di policy e fossero rimossi, per favorire il dibattito politico.

Tuttavia, questi account non sono completamente al di sopra delle regole; tra le altre cose, non si possono utilizzare i social per incitare alla violenza. Trump ha accusato Twitter, in particolar modo, di favorire la censura e di appoggiare il fantomatico tentativo dei democratici di destabilizzarlo, minacciando di creare una propria piattaforma per poter continuare a comunicare con i suoi elettori. Ma partiamo dall’inizio e vediamo come The Donald ha utilizzato i social in questi 4 anni di presidenza.

Cambridge Analytica

Nel 2013 nasce Cambridge Analytica, azienda privata di raccolta dati fondata da Steve Bannon, già consigliere di Trump, e Robert Mercer. Nel 2018, il “New York Times” e altri giornali accusano l’azienda di aver usato i dati di 50 milioni di utenti Facebook a loro insaputa e aver gestito la campagna di Trump sulle piattaforme digitali con metodi illeciti per screditare gli avversari politici attraverso la diffusione di fake news.

Considerando che Facebook, nel 2019, vantava 2,5 miliardi di utenti ogni mese nel mondo, e che ben il 45% degli elettori americani si informava solo attraverso le notizie postate su Facebook, penso che Trump abbia condizionato e pilotato le decisioni di molti americani in tutti questi anni di presidenza senza che nessuno si scandalizzasse.

Ovviamente, i suoi post rappresentavano la contro-verità, la “verità vera” rispetto alle presunte fake news diffuse dai giornalisti. Ora, tutti, anche diversi capi di stato – tra cui la Merkel -, gridano allo scandalo e all’inutilità di questa decisione. Ma possiamo davvero parlare di censura nell’era dei social, in cui tutti possono dire o scrivere più o meno ciò che vogliono?

La canzone della Donazzan e la censura dai social network

Nel frattempo, dall’altra parte del mondo, l’assessore all’istruzione della Regione Veneto Elena Donazzan cantava “Faccetta nera” durante la trasmissione radiofonica la Zanzara, istigata dai suoi conduttori Giuseppe Cruciani e David Parenzo. La scelta cadeva su due canzoni, “Bella ciao” oppure, appunto, “Faccetta nera”.

La Donazzan ha scelto la seconda, essendo una canzone che era solita ascoltare in famiglia quando era piccola. E fin qui nulla da dire, se non che “Faccetta nera” è un motivetto legato alla dittatura fascista, periodo non propriamente felice nella storia del nostro Paese, tanto da aver portato alla formulazione del reato di “apologia di Fascismo”.

Sorge spontanea una domanda: come mai Cruciani e Parenzo hanno scelto proprio quelle due canzoni? Come se sapessero già cosa avrebbe cantato, forse, anche analizzando ciò che pubblica sulle proprie pagine. Così, anche lei è stata bannata dai social stessi, commentando come segue l’accaduto:

“Mi hanno ucciso su Facebook, Twitter e Instagram. Scrivetelo pure, io vengo uccisa oggi. Elena Donazzan è morta. Ma sa cosa le dico? Non mi spaventano le offese o le minacce ricevute, mi spaventa che siano considerate tollerabili”.

“Uccisa” mi sembra un termine molto forte, ma rappresenta, in fin dei conti, l’importanza che oggi ricoprono i social per i politici. Non bisogna tuttavia dimenticare che, benché si possa divulgare liberamente il pensiero attraverso di essi, anche i social sono soggetti a regole. La Donazzan si scusa, per lo più su richiesta di Zaia, ma accusa i social di essere antidemocratici per la censura applicata.

Gli utenti “normali” e la policy di Facebook

Cosa sarebbe successo se qualcuno di noi, utenti “normali”, avesse fatto ciò di cui sono accusati Trump e la Donazzan? Saremmo stati segnalati da qualche altro utente e Facebook avrebbe sospeso i nostri profili, perché semplicemente avremmo violato le regole della community. Nessuno si sarebbe sognato di pensare neppure lontanamente alla censura. Le regole dei social, soprattutto di Facebook, sono chiare e accessibili a tutti: chiunque può usare la piattaforma purché i post non siano, cito testualmente:

  • contrari alla legge, ingannevoli, discriminatori o fraudolenti;
  • contrari o in violazione dei diritti di altri utenti, compresi i loro diritti di proprietà intellettuale.

Facebook può rimuovere o bloccare i contenuti che violano tali disposizioni o bloccare i profili in caso di violazioni reiterate. Chiunque sarebbe stato bannato se avesse condiviso contenuti offensivi, che incitano alla violenza o limitano la libertà altrui, a maggior ragione se provengono da autorità o personaggi pubblici di rilievo. Quindi, nessuna censura: semplicemente, non si fa.