L’omaggio e l’ultimo saluto di Lampi News a Leonardo Tarallo, medico di base di Terrazzo e della RSA di Villa Bartolomea

Di: Andrea Panziera

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Sarà per la mia indole cartesiana o forse, più semplicemente, per l’avanzare dell’età, che porta come inevitabile conseguenza l’avvicinamento della stagione dei bilanci, ma non di rado mi capita di rivolgere i miei pensieri a quella che molti considerano la domanda delle domande: “qual è il senso della nostra vita?”. O, meglio ancora, “qual è lo scopo della nostra esistenza?”.

Di solito, sono aduso a declinare la risposta a livello strettamente personale. Anche perché sicuramente non può esisterne una che abbia valenza collettiva. Vi sono tuttavia circostanze in cui ci troviamo nella scomoda posizione di dare responsi per conto terzi, soprattutto quando costoro non sono più in grado di farlo.

Ho appreso da poco della scomparsa di Leonardo Tarallo, mio amico nonché medico di base di Terrazzo e della RSA di Villa Bartolomea. Scomparsa avvenuta nel Reparto di Terapia Intensiva dell’Ospedale di Legnago, presso il quale era ricoverato dopo aver contratto il Coronavirus qualche mese fa.

Riesco con fatica ad immaginare lo strazio della moglie, dei figli, dell’anziana madre. Abbandonare i propri cari a poco più di 60 anni, quando l’orizzonte di vita e di lavoro dovrebbe essere ancora sgombro da nubi, procura un dolore indicibile. Morire, come si è soliti dire in questi casi, per aver adempiuto al proprio dovere fino all’estremo sacrificio può solo lenire il senso di vuoto che si prova per una perdita temuta, ma difficilissima da accettare.

Il saluto di Lampi News a Leonardo Tarallo

Mentre scrivo, si accavallano nella mia mente molti ricordi dei nostri incontri, i suoi numerosi “stop and go” nel tragitto dall’ambulatorio alla sua casa. Era di strada, ma per entrambi era diventato un appuntamento quasi rituale: veloce, certo, ma sempre inframmezzato da battute e considerazioni mai banali sulla nostra quotidianità, sul lavoro e sulla pizza da consumare assieme alle nostre rispettive mogli, che per un motivo o per l’altro continuavamo a rinviare.

Durante il lockdown della scorsa primavera, ci siamo sentiti più di una volta dopo cena. Nel corso delle telefonate, percepivo tutta la sua preoccupazione per una situazione che presentava rischi altissimi. Il timore era soprattutto per i familiari: mi raccontava di come si fosse posto in “auto-isolamento” all’interno della propria abitazione.

Conoscendolo, sono sicuro che non aveva certo sottovalutato il potenziale impatto devastante di questa seconda ondata pandemica; nondimeno, stare costantemente in prima linea è risultato alla fine fatale. E lo è stato per lui come per altre centinaia di suoi colleghi.

Leggeva i miei articoli e ogni tanto ne parlavamo. Immagino che spesso, nei mesi scorsi, anche lui si sia posto la domanda sul senso di quello che stava affrontando e, più in generale, sullo scopo della sua esistenza. Non so se e quale risposta si sia dato: nei suoi panni, avrei avuto molte difficoltà a mantenere lucidità e razionalità.

Di fronte a questi eventi, parlare di missione, con tutto ciò che il termine comporta, può sembrare a volte una comoda via d’uscita. Io, e so di parlare anche a nome dei moltissimi che ne hanno apprezzato la dedizione e lo spirito di servizio, posso solo ricordare le parole di Madre Teresa di Calcutta: “Chi, nel cammino della vita, ha acceso anche soltanto una fiaccola nell’ora buia di qualcuno non è vissuto invano”.

Ciao, Leo.