Il lato social di BergamoScienza: le scoperte scientifiche alla portata di tutti

Di: Chiara Tomasella

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Dal 2003, nella città di Bergamo, si svolge un Festival che richiama ogni anno un ampio numero di partecipanti, sia tra gli organizzatori che, soprattutto, tra il pubblico.

L’Associazione che dà vita a questo evento ha le sue radici in un progetto coltivato da un gruppo di amici già sul finire degli anni ’90; l’iniziativa prende le mosse dalla convinzione per cui la scienza non debba essere relegata all’ambito accademico, ma debba invece essere comunicata alla cittadinanza nel modo più semplice, coinvolgente e accattivante possibile, rimanendo al contempo accurata e rigorosa.

Tutto ciò può essere fatto anche online: nel 2020, a causa dell’ancora corrente pandemia, gli appuntamenti di BergamoScienza si sono svolti su YouTube, in collegamento con ospiti e invitati. Come location delle riprese è stato mantenuto il Teatro Sociale, visto da una nuova prospettiva: dal palco verso la platea, occupata virtualmente dagli spettatori connessi.

Anche dopo il termine delle settimane dedicate all’evento, il canale è rimasto attivo: all’incirca ogni giovedì, alle 18.30, è infatti programmata una diretta in cui si discutono nuove tematiche, solitamente in un ritaglio di tempo di un’ora.

Molti degli appuntamenti dell’edizione 2020 del Festival hanno riguardato le tematiche più salienti del periodo: virus, epidemie, correttezza dell’informazione scientifica. Tali tematiche, tuttavia, non sono confinate all’anno da poco trascorso: qui di seguito, un esempio tratto da una delle precedenti edizioni del Festival.

PETER DOHERTY

Uno degli ospiti più illustri della XIII edizione del festival, svoltasi nel 2015, è stato il premio Nobel per la Medicina Peter Doherty, insignito dell’onorificenza nel 1996 insieme a Rolf Zinkernagel, per le scoperte sulla specificità dell’immunità cellulo-mediata.

Durante la conferenza intitolata Flagelli, pestilenze e pandemie, si anticipano molte delle tematiche salienti ora, nel nostro presente. In particolare, Doherty traccia una storia delle scoperte che riguardano l’infettivologia, accennando anche ai riferimenti “prescientifici” che si susseguono sul tema da Tucidide in poi. Vediamo, in un veloce elenco, alcuni dei punti più importanti toccati dallo studioso.

1. La storia dei vaccini

Tutti conoscono il vaccino di Jenner, sviluppato sul finire del Settecento ed efficace contro il vaiolo. L’approccio del medico britannico, tuttavia, si basava sulla possibilità di prelevare un patogeno simile (quello che causava il vaiolo bovino) e presentarlo al soggetto da immunizzare contro la forma più pesante della malattia (quella umana, per l’appunto). Non tutti i patogeni, tuttavia, hanno un gemello meno pericoloso; la variante animale della rabbia, per esempio, è mortale tanto nel cane quanto nell’uomo. A quasi un secolo di distanza, Louis Pasteur riuscì a ideare una tecnica per indebolire il batterio dell’antrace e il virus della rabbia: i successivi step nella ricerca dei vaccini coinvolsero, nel corso del tempo, l’inattivazione delle tossine prodotte da batteri come quello di Klebs-Löffler (difterite) o di Nicolaier (tetano) e la produzione di vaccini tramite ingegneria genetica (epatite B, papillomavirus, meningococco B).

2. Gli scimpanzé, i pipistrelli e la zoonosi

Lo scimpanzé è un primate che ha un patrimonio genetico vicinissimo a quello di Homo sapiens. Si ritiene che molteplici virus – tra cui Ebola e HIV – siano derivati da uno spillover che li coinvolge; in una delle slides presentate da Doherty, si dichiara che dagli anni ’90 il 70% dei patogeni conosciuti sono portati da vettori (es. malaria) oppure di origine zoonotica. Oltre allo scimpanzé, anche il pipistrello è un serbatoio biologico notevole (Lyssavirus, Coronavirus, Henipavirus, Filovirus). Le cause del salto di specie sono da ricondursi alla crescita della popolazione, alla deforestazione e alla possibilità di effettuare viaggi con maggiore velocità e frequenza. Un ulteriore elemento problematico è quello dei wet market: nelle diapositive mostrate, l’esempio è un mercato di Hong Kong, fotografato nel 1998.

3. L’immunità innata e l’immunità adattativa.

Il primo tipo di immunità è comune a tutti gli organismi pluricellulari. Si tratta di una linea di difesa generica e aspecifica, un meccanismo antico che persino i moscerini della frutta sanno applicare. L’immunità adattiva, invece, consiste nella memorizzazione di un’avvenuta infezione e nella successiva reazione mirata ad un secondo contatto con il patogeno. La pratica vaccinale sfrutta questo meccanismo, evoluto più di recente (si parla comunque di 500 milioni di anni fa). L’obiettivo è far acquisire artificialmente – ma attivamente – all’organismo la capacità di difendersi.

Sono tre punti che richiamano l’attualità, pur essendo stati discussi ormai sei anni fa. Colpisce quanto facciano riflettere sulla situazione corrente: allo stesso modo, mi ha personalmente colpito ascoltare una conferenza del professor Steve Rayner sulla crisi climatica, ancora disponibile benché registrata nel 2009. Le parole che si pronunciavano 12 anni fa sono identiche a quelle che si pronunciano oggi, e per questo sorge spontanea una riflessione: dovremmo forse impegnarci maggiormente per ascoltare la voce della scienza, prima che una problematica impellente ci porti a scorrere quanto veniva detto nel passato, con il rimpianto di non averlo considerato adeguatamente quand’era il momento di agire per cautelarsi.

UNA PLAYLIST CONCLUSIVA

Ricordiamo inoltre che dal 31 marzo si aprirà la call per l’edizione 2021 del Festival, che si terrà dal 2 al 17 ottobre: non mancate!