Come mai, dopo una parolaccia, si tende ad aggiungere l’espressione: “Scusate il francesismo”? Ha forse qualcosa a che vedere con il francese o è un’invenzione tutta italiana?

Di: Messhua Franch

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Ops, scusate il francesismo!”. Quante volte lo abbiamo detto o lo abbiamo sentito affermare a seguito di un termine volgare? È curioso come questa formula sia propria solo del nostro Paese, dove – è evidente – gli insulti si sprecano.

Noi italiani, infatti, vantiamo un vero e proprio catalogo di espressioni colorite, incomparabile a quello di qualsiasi altro linguaggio. Possiamo usufruire di insulti classici o gergali, diminutivi e vezzeggiativi derisori; e di certo abbondano le offese in dialetto regionale, così peculiari e pittoresche da non poter essere tradotte alla lettera, pena la perdita del pathos dell’insulto.

Al netto di questa considerazione, ci siamo mai chiesti perché, quando si dicono parolacce, ci si affretti ad aggiungere “Scusate il francesismo”?

Il significato originale

La Treccani definisce “francesismo” una parola francese introdotta nel vocabolario di un’altra lingua. Questo può avvenire o nella forma originaria (come “garage”) o tramite un adattamento strutturale (come è stato per “blusa” e per tante locuzioni che terminano in “-aggio”).

Partiamo dal principio. È da tempo immemore che la Francia e tutto ciò che è francese vengono ricondotti al concetto di raffinatezza e classe. Sarà pur frutto di uno stereotipo e di una generalizzazione, ma questa nomea si riflette sulla lingua francofona, considerata dotta e divenuta infatti il linguaggio dei salotti colti d’Europa già nel secolo dei Lumi. Quindi, perché “francesismo” si usa dopo una parolaccia, se il francese è da secoli sintomo di eleganza?

L’evoluzione del concetto

La responsabilità è da spartire tra due motivazioni: una originaria e l’altra più originale. Agli esordi, quest’espressione serviva a smorzare la volgarità di quanto appena detto. Ovvero a mettere un freno alla parolaccia utilizzando la reputazione del francese, una lingua dolce, colta ed educata, come una sorta di attenuante. In seguito, però, questo modo di dire ha assunto viepiù un significato contrario.

È quindi colpa della sempre pronta ironia italiana, che si è evoluta e ha rovesciato il significato dell’accezione “francesismo”, riconducendolo al suo opposto. Come tutte le lingue, anche la nostra ormai si specchia ed è specchio della società; e, così, anche l’ilarità italiana si è impressa nel linguaggio. Gli italiani hanno quindi iniziato a utilizzare “Scusate il francesismo” per sottolineare o addirittura rafforzare un termine volgare appena pronunciato.

Questo capovolgimento di accezioni non è tuttavia nuovo al popolo italico, la cui letteratura ha disposto una figura retorica ad hoc: la litote. Detta così, a meno che non siate addetti ai lavori, questa parola dice poco, ma se andate a rispolverare il primo capitolo dei Promessi Sposi, ecco che vi troverete scritto: “Don Abbondio non era nato con un cuor di leone”. Lampante esempio di litote, con cui si esprime un’idea o un concetto attraverso la negazione del suo contrario. Infatti, Don Abbondio era un fifone nato.

In conclusione…

Con il tempo, probabilmente, abbiamo iniziato a tralasciare la negazione, passando semplicemente all’affermare il contrario di una cosa per rafforzarne il concetto. Come se noi ora riscrivessimo il primo capitolo dei Promessi Sposi utilizzando un tono sarcastico in modo tale da sottolineare la codardia del curato: “Don Abbondio era proprio un cuor di leone!”.

Così, arriviamo al nostro famoso “Scusate il francesismo”, non più l’attenuante di una parolaccia e nemmeno il frutto di un accordo franco-italiano – in Francia, quando dicono una volgarità, non esordiscono certo con “Désolé pour l’italianisme – ma un rafforzativo in toto farina del nostro sacco.