Claudia Penzavecchia e la scienza dell’alimentazione: perché dovremmo saperne di più?

Di: Chiara Tomasella

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Diete esclusivamente liquide.
Diete per adulti basate sull’alimentazione per bambini.
Diete condotte con lenti azzurrate (?) sugli occhi.
Diete per cui il nostro fegato vorrebbe urlarci: “Am I a joke to you?”, “Sono forse una barzelletta per te?”

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Diete: un argomento ampio e complesso, sul quale si guadagna competenza tramite svariati percorsi universitari, tutti legati alla biologia nutrizionale o all’area delle professioni sanitarie. E no, Google non è un ente alternativo al quale rivolgersi per un programma fai-da-te.

Claudia Penzavecchia, “Quasidietista” soltanto per nickname, si occupa di divulgare questa materia su molteplici piattaforme social (da Instagram a Twitch, senza dimenticare neppure Tik Tok) con l’obiettivo di farne conoscere l’importanza, con il giusto bilanciamento fra serietà e leggerezza.

Alimentarsi in maniera sana e corretta non è fondamentale soltanto per il benessere di ognuno di noi, ma anche per il bene del pianeta. Vediamo un po’ più da vicino ciascuno di questi due aspetti.

1. SALUTE

“Dieta” non è sinonimo di “dimagrimento”: un piano alimentare può avere qualsivoglia obiettivo, persino quello opposto alla perdita di peso. Può aiutare uno sportivo a prendersi cura della propria massa muscolare; può dare a una donna in gravidanza i giusti consigli per sé e per il nascituro; può accompagnare correttamente la scelta di uno stile di vita vegano, per far sì che non vengano a mancare nutrienti essenziali a chiunque vi si approcci. E l’elenco potrebbe continuare.

Anche non volendo diventare vegani, non essendo in dolce attesa e non praticando alcuno sport possiamo trarre beneficio dalla corretta informazione in campo alimentare: sappiamo veramente tutto ciò che serve per rendere felice il nostro organismo? Per fornire abbastanza fibre al nostro intestino e un carico di lavoro adeguato al nostro pancreas? Oppure: sappiamo almeno quant’è vasta la varietà di pietanze che potremmo avere nel piatto, pur limitandoci a intavolare otto verdure, due tipi di pesce e sedici di carne, a rotazione?

Molto probabilmente, la risposta a tutte queste domande si avvicina maggiormente ad un onesto “no”.

2. ECOLOGIA

Abbiamo appena accennato alla varietà nell’alimentazione: una dieta diversificata è certamente un toccasana per le nostre papille gustative, ma è anche un respiro di sollievo per l’ambiente. Vediamo un paio di esempi per capire questo punto.

Foto di Khalid Mehmood da Pixabay
Pesca sostenibile

Il mercato, si sa, regola l’offerta in base alla domanda: nel caso delle specie ittiche, la domanda è fortemente incentrata su tonno, orata, salmone e merluzzo, benché non siano ben rappresentativi della popolazione che abita il 70% del globo che ospita mari ed oceani. E lo saranno, a questo ritmo, sempre di meno.

A causa della forte sovrapesca, infatti, specie come Gadus morhua (ovvero il merluzzo bianco) sono classificate dallo IUCN come minacciate. Similmente, è vicino ad essere minacciato il Thunnus alalunga, insieme al tonno pinne gialle. Ancor peggio se la passa il tonno australe, il cui stato di conservazione è segnalato come critico. Mangereste mai una specie in via d’estinzione, sapendo di metterne a rischio la sopravvivenza (anche se indirettamente)?

Se la risposta, per i vostri standard etici, è negativa, il consiglio è quello di prestare attenzione alle alternative: ci sono moltissime specie meno popolari – ma più popolose – da servire a cena!

Un mare di monocolture

Trasferendoci sulla terraferma, la situazione appena descritta, a grandi linee, si ripete. I coltivatori piantano le pochissime varietà vegetali che pretendiamo di trovare sempre a disposizione, chiedendo superfici sempre più vaste per le piantagioni, a volte sottraendole alla foresta. In barba alla biodiversità, questo tipo di coltivazione intensiva non è affatto sostenibile, che si tratti di noccioleti o piantagioni di avocado.

A fronte di una disponibilità totale di 30.000 specie vegetali edibili, la FAO (l’organizzazione per il cibo e l’agricoltura delle Nazioni Unite) stima che ne vengano coltivate circa 7.000, delle quali soltanto 200 in maniera significativa. In compenso, nella nostra dieta ne introduciamo, nella più rosea delle ipotesi, meno di venti varietà. Sta a noi provare a invertire questa tendenza.

PER APPROFONDIRE
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