Sensibilizzare sulle iniziative a tema arcobaleno in una realtà spesso caratterizzata dalla discriminazione: questa l’utilità del Pride Month

Di: Giovanni Pasquali

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Il Pride Month è una ricorrenza molto sensibile in tutto il mondo. È dedicata alla parità di diritti di genere e all’amore in ogni sua forma. Utilizzando la sigla universale, in questo periodo si celebra ufficialmente l’orgoglio della comunità LGBTQIA+. Il “+” indica tutti gli altri generi che non rientrano nell’acronimo, per raggiungere un’inclusione totale e abbracciare l’uguaglianza di genere.

Nel periodo del Pride Month si stagliano iniziative a tema arcobaleno, che colorano le strade di tutto il mondo. Tuttavia, quest’anno, la maggior parte si terrà online, a causa del prosieguo della pandemia da Covid-19, che ha amplificato ulteriormente l’emarginazione e l’esclusione. Fenomeni che la Comunità viveva quotidianamente, peraltro, anche prima che le ordinanze sanitarie costringessero le persone nelle proprie abitazioni.

La nascita del Pride

Il Pride Month cade nel mese di giugno per un fatto specifico, accaduto nel 1969 a New York, luogo del primo Pride della storia. Successe tutto la sera tra il 27e il 28 giugno, nello Stonewall Inn di Greenwich Village, uno dei quartieri più celebri della città. Tramite una retata, la polizia fece irruzione nel locale, solitamente frequentato da persone omosessuali, e si accanì contro di loro, accusandole di “atti osceni” e “indecenza”. All’arrivo degli agenti, vennero divisi in tre gruppi: uomini gay, donne lesbiche e persone transessuali.

Si dice che Sylvia Rae Rivera, attivista transgender, stanca delle oppressioni, lanciò una bottiglia – altri dicono un tacco – dopo essere stata pungolata con un manganello, scatenando così la ribellione. Questo episodio segnò l’inizio dei cosiddetti “moti di Stonewall”. Nei giorni a seguire, gli altri bar del quartiere si unirono alla rivolta, e la comunità omosessuale scese in strada per protestare. Il tempo di nascondersi era finito, sostituito dalla decisione di voler combattere per le proprie cause. Di lì in seguito, si ebbe la nascita del movimento LGBTQIA+ moderno e del Gay Pride.

Gli ostacoli degli Stati e la ricorrenza del 17 maggio

Sebbene sia trascorso oltre mezzo secolo di Pride, tanti, se non troppi, Paesi nel mondo, per un totale di 67, ancora criminalizzano le relazioni LGBTQIA+. Oggi più che mai, la Comunità è stanca di nascondersi: intende continuare a dar adito alle richieste di diritti, che dovrebbero essere già garantiti, ma che invece non trovano concretizzazione.

Il caso dell’Italia ci tocca duramente. La ricorrenza del Pride è altresì importante per sensibilizzare il tema e fronteggiare una realtà dove tuttora si discrimina per l’orientamento sessuale e/o l’identità di genere. Con il Ddl Zan fermo da mesi al Senato, lo Stato italiano ha ancora tanta strada da percorrere per garantire l’uguaglianza e la tutela delle persone.

Al momento, di analoga importanza e influenza è la Giornata internazionale contro l’omobitransfobia, che cade il 17 maggio. In vigore dal 2004, è stata istituita per condannare discriminazioni, violenze e disuguaglianze subite da persone omosessuali, bisessuali e transgender. La data rimanda al 17 maggio 1990, quando l’Organizzazione Mondiale della Sanità eliminò l’omosessualità dall’elenco delle malattie mentali.

Il direttore esecutivo dell’organizzazione non governativa OutRight Action InternationalJessica Stern, ha commentato:

“Il Pride è il simbolo più visibile del movimento globale per l’uguaglianza LGBTQIA+, grazie al quale affermiamo la nostra esistenza […], dobbiamo continuare a lottare, affinché i nostri diritti siano riconosciuti e tutelati”.