L’odierno Lampi News parla di “strategia della tensione”, termine che evoca ricordi terribili e in molti casi dolorosi

Di: Andrea Panziera

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In questi giorni si è inopinatamente tornato a parlare di “strategia della tensione”. Ai più giovani questo termine dirà poco o nulla, ma per chi ha vissuto quel periodo, soprattutto nelle città medio – grandi, esso evoca ricordi terribili e in molti casi dolorosi. A metà pomeriggio del 12 dicembre 1969 era in programma al Teatro alla Scala di Milano una rappresentazione del “Barbiere di Siviglia” riservata agli studenti. Per arrivarci dovevo passare nelle vicinanze di Piazza Fontana. Quando giunsi a un centinaio di metri dalla Banca Nazionale dell’Agricoltura vidi un assembramento concitato di forze dell’ordine e persone in preda al panico che fuggivano terrorizzate. Lo sguardo di carabinieri e poliziotti tradiva nervosismo misto a disperazione e la tensione era palpabile e fortissima. Capii immediatamente che qualcosa di estremamente grave era successo e me ne tornai di corsa a casa, giusto in tempo per ascoltare l’edizione straordinaria del Telegiornale che dava le prime frammentarie notizie sull’accaduto. Il seguito è tristemente noto a tutti; i 17 morti, i quasi 90 feriti e da lì in poi una scia di attentati e sangue che durò oltre 10 anni. Quel giorno iniziò il drammatico periodo che è conosciuto in tutto il mondo come “gli anni di piombo”, costellato di stragi, massacri di civili innocenti sui treni, nelle piazze e nelle stazioni ferroviarie, omicidi di magistrati, politici ed altri rappresentanti delle Istituzioni. Molti storici sono concordi nel delineare un evidente spartiacque nella nostra storia repubblicana, un prima ed un dopo Piazza Fontana. Il 12 dicembre 1969 le azioni terroristiche furono in realtà quasi una decina, di cui 5 solo tra Roma e Milano e per puro caso il conto delle vittime non raggiunse un numero molto superiore e si limitò solo alle persone presenti nella filiale della Banca Nazionale dell’Agricoltura. Dopo decenni di indagini, vergognosi depistaggi, processi – farsa e sentenze quantomeno discutibili, la verità storica non è più in discussione: la strage fu compiuta da terroristi dell’estrema destra, quasi sicuramente etero diretti o quantomeno supportati da alcuni settori deviati degli apparati di sicurezza dello Stato, con complicità e legami internazionali. L’obiettivo di questo e degli altri attentati perpetrati negli anni successivi (Piazza della Loggia, Italicus, stazione di Bologna) era quello di far crescere nei cittadini una sensazione diffusa di insicurezza e paura, tale da poter giustificare l’adozione di misure ovvero di svolte politiche di tipo autoritario, limitando o addirittura sopprimendo i principi cardine di uno Stato di Diritto e la dialettica democratica. Questa, non altro, è stata la strategia della tensione e la sua evocazione per spiegare situazioni e accadimenti attuali che nulla hanno a che vedere con quel contesto e con quegli attori, non è soltanto arbitraria ma del tutto fuorviante per una corretta comprensione e valutazione dei più recenti fatti di cronaca. Guardo con sospetto alla teoria dei “cattivi maestri” e quindi mi asterrò dal sollecitare una più attenta visione delle foto dell’album di famiglia, dove magari si potrebbe trovare quella di personaggi non proprio commendevoli. Ma prima di parlare di complotti, di reconditi disegni miranti a incentivare furbescamente manifestazioni violente per trarne profitto politico , forse bisognerebbe dire con chiarezza e onestà intellettuale come ci si rapporta con quelle minoranze rumorose e minacciose che , scimmiottando i camioneros cileni di allendiana memoria, si prefiggono l’obiettivo di bloccare i trasporti e quindi di recar danno all’intera collettività in nome di una mal digerita concezione di libertà.