Nel corso del Festival 2020 dell’Arena di Verona, la Fondazione ha proposto nel cast una nuova generazione di artisti. Cominciamo le nostre conversazioni con Lavinia Bini

Servizio di: Roberto Tirapelle

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Nel corso del Festival 2020 dell’Arena di Verona, la Fondazione (programma) ha proposto nel cast una nuova generazione di artisti. Ne abbiamo incontrati alcuni.

Il Gianni Schicchi è stata l’unica opera del 2020 presentata nel programma. Il capolavoro comico, infatti, era per la prima volta in Arena con Leo Nucci mattatore e regista. Gianni Schicchi, atto unico divertente e appassionato, è un uomo nuovo cinico e toscano, come il librettista Giovacchino Forzano e il compositore stesso, geniali nel ritrarre vizi, virtù e furbizie italiche.

Cominciamo le nostre conversazioni con Lavinia Bini, soprano – che in Gianni Schicchi interpreta Lauretta -, un nuovo talento che ha già fatto una ragguardevole carriera e per tale motivo diventa percorso delle generazioni che stanno emergendo.

L’intervista a Lavinia Bini

Mi sembra che il suo repertorio sia diviso in due parti piuttosto distinte, una relativa ad autori più di nicchia, l’altra lanciata verso Puccini, Rossini, Mozart. Può raccontarci questi due interessanti aspetti della sua carriera?
“Gianni Schicchi”, Arena di Verona, cr. ph. Ennevi

“Io amo moltissimo repertori sconosciuti. Li trovo molto stimolanti, o perché sono stati poco eseguiti oppure perché inediti. Infatti, ho cominciato a interpretare 7 minuti di Battistelli [prima assoluta], La Voix Humaine di Poulenc. Mi piace molto il repertorio di nicchia. Ecco autori come Battistelli e Tutino contemporanei; è molto interessante eseguire una loro opera e parlare con lo stesso compositore. Nel caso specifico di Tutino, con La Ciociara è stata utilissima la sua presenza per avere dei consigli. È sempre stato alle prove e quindi ho potuto creare un personaggio con l’autore. Ugualmente per Battistelli.

Oltre alla musica contemporanea, adoro il barocco e purtroppo non l’ho fatto quanto avrei voluto, anche se ho recitato in Drusilla [La vedova ingegnosa, Festival della Valle d’Itria], in Fidalba [Fidalba e Artabano, Ristori, a Lugo] e altri ancora. Certamente come cantante devo orientarmi anche verso Mozart, Puccini, Rossini, fino a Donizetti, perché ho fatto anche una Elisir d’Amore. Una cantante deve fare pure il grande repertorio. Mozart per me è una panacea per l’anima, per il cuore, per tutto; quindi, quando devo fare Mozart, sono la persona più felice del mondo. Tuttavia, un repertorio più ricercato è più stimolante”.

Mi fa piacere che abbia parlato di un titolo come Fidalba e Artabano, perché non è una esecuzione che ricordo.

“Credo che siamo stati i primi a eseguirlo. Era stato ritrovato il manoscritto e il Festival Purtimiro di Lugo ha pensato di metterlo in scena con la direzione di Rinaldo Alessandrini”.

Calza benissimo Puccini a una toscana come lei [n.d.a., Lavinia Bini è nata a Empoli]. Gianni Schicchi mi sembra sia diventato un suo cavallo di battaglia; del resto, si vede subito come lo affronta.

“Puccini, per molti versi, l’ho affrontato da bambina. Sono toscana, è un autore che sento particolarmente vicino. È nelle mie corde e come musicalità mi viene molto istintivo. Ho debuttato la Lauretta del Gianni Schicchi, proprio a Firenze, al Maggio Musicale Fiorentino nel 2012. Per l’appunto, Lauretta è un personaggio che viene dal “contado” e il contado di Firenze comprendeva all’epoca anche Empoli. Quindi, è un ruolo in cui trovo molte analogie con le mie origini.

Inoltre, la parte di Lauretta, seppur breve, la trovo un piccolo gioiello dell’opera. Tutte le frasi di Lauretta hanno dei temi, come il duetto con Rinuccio, poi il quartetto con la Zita e lo Schicchi, che mi emozionano ogni volta. A parte naturalmente “O mio babbino caro”. Tenuto conto che Lauretta canta circa dieci minuti. Sono melodie incredibili”.

Quante recite ha fatto di Gianni Schicchi finora?

“Una quindicina, in quattro produzioni”.

Come ha affrontato il suo esordio in Arena sugli aspetti acustica, emozioni, palcoscenico, Schicchi, Forzano, Nucci?

“Uno dei miei sogni nel cassetto era quello di cantare in Arena. Andavo d’estate a sentire l’opera con i miei genitori. In una di queste occasioni, sono andata a sentire Nucci in La forza del destino, che non ebbe luogo per intero a causa del maltempo. Consideri che avevo nove anni. Nel periodo dello Schicchi a Verona, il primo giorno che sono entrata in Arena stavano provando gli assiemi e stavano eseguendo proprio la mia aria. Salita le scale, quando cominciò “o mio babbino caro”, l’emozione provata è stata indescrivibile. Brividi in tutto il corpo. Poi, debuttare in Arena con un mito dell’opera qual è il Maestro Nucci in un ruolo a me caro… Tra l’altro, ho recentemente perso mio padre che aspettava sempre che io la cantassi.

Debuttare in questo modo è stato uno dei momenti più emozionanti della mia vita. Acusticamente parlando, non nego che avevo un certo timore per l’immensità del posto e invece mi sono trovata benissimo. Trovo che l’Arena sia uno dei posti più belli dove cantare. Sono rimasta piacevolmente sorpresa. Ho trovato anche nelle registrazioni un’acustica valorizzante sia per me che per i miei colleghi. Anche la sistemazione straordinaria del palcoscenico”.

Quando ritorna in Arena? L’aspettiamo.

“Dovevo tornare per il Segreto di Susanna, però non è ancora confermato. Dovrei tornare presto.”

Cr. ph. Stage Door

Lavinia Bini debutta al Filarmonico di Verona come Valencienne ne La Vedova allegra di Lehàr, stagione d’opera 2014. Torna come Papagena ne Il Flauto magico di Mozart nel 2015.

Si ringraziano Ufficio Stampa Fondazione Arena e Stage Door