“Nulla sarà più come prima” non rappresenta unicamente uno slogan: fotografa il futuro, la realtà prossima ventura. È ora il tempo delle scelte necessarie a mantenere il nostro Paese in linea di galleggiamento

Di: Andrea Panziera

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Tutti i canali televisivi stanno trasmettendo le immagini di questo folle fine settimana da “liberi tutti”. La Darsena sui Navigli a Milano nella serata di sabato è stata trasformata in una discoteca-pattumiera da una moltitudine di irresponsabili ad alta gradazione alcolica, che hanno pensato bene di lanciare in acqua lattine, bottiglie di vetro e rifiuti di ogni tipo e consistenza. Optional non contemplati: mascherine e distanziamento.

Scene più o meno analoghe si sono ripetute in altre città medio-grandi, al Nord come al Sud. A Napoli, gli agenti di alcune volanti, intervenuti per calmare i più esagitati, sono stati accolti da contumelie e sputi. Uno degli effetti della pandemia è evidentemente proprio questo: la diffusione parallela del virus dell’imbecillità. Con contestuale manifesta dipartita, è evidente, di ogni senso civico di responsabilità volta alla tutela della salute delle persone più fragili. Vedremo i risultati di questa follia pseudo-liberatoria fra pochi giorni; di sicuro, il trend di aumento dei contagi già in atto non lascia presagire nulla di buono.

A maggior ragione, alla luce anche di queste manifestazioni scriteriate, l’imperativo categorico che dovrà prevalere nell’azione di governo nelle prossime settimane appare quello di accelerare quanto più possibile nel programma di vaccinazione.

Dosi “privilegiate”

La risolutezza con cui Mario Draghi ha affrontato questo tema nel suo primo meeting con i parigrado europei non lascia dubbi sulle sue intenzioni. L’idea di privilegiare la somministrazione delle prime dosi rispetto a quelle di richiamo, mutuata da esperienze analoghe di altri Paesi, appare piuttosto condivisibile. Ovviamente, a condizione che le case farmaceutiche recuperino entro qualche mese i ritardi accumulati in merito agli impegni sulle consegne assunti alla stipula dei contratti. Ogni azione che vada nella direzione del pacta sunt servanda è la benvenuta, nel caso fosse necessario anche il ricorso all’obbligo di permanenza in Europa dei vaccini che qui sono prodotti.

Detto questo, la spinta nella direzione del contrasto alla pandemia tramite l’incremento del numero dei vaccinati deve obbligatoriamente essere accompagnata dalla scrittura della strategia e delle conseguenti iniziative concrete per garantire una ripartenza consistente e duratura. A questo proposito, visto l’accavallarsi delle istanze di aiuto da parte di molteplici settori del tessuto economico-sociale colpiti dalla crisi, pare difficile prescindere dall’individuazione di un’agenda di interventi prioritari. Il che, inevitabilmente, provocherà scontenti, recriminazioni e – non escludo – tensioni all’interno degli schieramenti politici che sostengono l’Esecutivo.

Il futuro, tra la vicenda Alitalia…

Il primo banco di prova sarà presumibilmente costituto dall’annosa vicenda Alitalia. Un’Alitalia che, è bene ricordarlo ai lettori, è fin qui costata ai contribuenti 13 miliardi di euro; e che ora, per l’ennesima volta, si trova in una condizione critica, ai limiti dell’asfissia finanziaria. Filtrano notizie di un cambio di visione rispetto al passato; questa può essere la cartina di tornasole che testimonia la fine di un’epoca, quella dello “Stato cash cowche dilapida risorse per mantenere in vita aziende aldilà di ogni elementare considerazione di redditività, effettiva o potenziale.

In questi giorni, proprio con riguardo alla situazione critica in cui versano intere categorie di lavoratori e imprese, si sta discutendo di una riforma degli ammortizzatori sociali. Non traggano in inganno i dati attuali sul mercato del lavoro: il blocco dei licenziamenti ha di fatto congelato la situazione allo status quo ante, ma questo provvedimento, presto o tardi, finirà; e le conseguenze rischiano di essere pesanti.

… e i lavoratori a tempo determinato

Già oggi si configura molto più precaria la posizione dei lavoratori con contratti a tempo determinato, soprattutto donne e giovani. Le molteplici forme di ristoro hanno coperto i dipendenti con contratti a tempo indeterminato, beneficiari della Cassa Integrazione e in misura minore i lavoratori autonomi (bonus 600 Euro e contributo a fondo perduto), lasciando fuori i lavoratori con contratti a tempo determinato. Bisognerà ripensare a forme di sussidio che coprano tutta la platea di chi esercita una qualsiasi attività, superando l’attuale muro fra “garantiti e non”.

A tale scopo serve poco o nulla proporre un abbassamento generalizzato delle tasse. L’effetto su chi è precipitato in una condizione di povertà è nullo, perché in ogni caso non le avrebbe pagate. Sicuramente, prima o poi, sarà necessario mettere mano a una radicale revisione dell’imposizione fiscale; nondimeno, al momento la priorità è un’altra.

Una chiosa, infine, su un concetto espresso più o meno in questi termini dal Presidente del Consiglio: “Il governo dovrà proteggere i lavoratori, tutti i lavoratori, ma sarebbe un errore proteggere indifferentemente tutte le attività economiche”. Lo scenario economico internazionale – e quello italiano – post-pandemia si delinea con caratteri molto differenti rispetto al quadro attuale. Il refrain “nulla sarà più come prima” non rappresenta unicamente uno slogan: fotografa la realtà prossima ventura.

Si dovranno fare scelte, in buona parte indotte dal Next Generation EU, ma non solo, necessarie a mantenere il nostro Paese in linea di galleggiamento. Necessarie, insomma, a garantirgli di partecipare con successo alla competizione sui Mercati mondiali. È bene che si parli il linguaggio della realtà, perché continuare a proporre illusioni o ricette raccatta-consenso come nel passato recente e non, derubricando la pandemia come uno spiacevole episodio, potrebbe portare qualche voto in più nell’immediato, ma dopo poco tempo condurre al baratro economico, finanziario e sociale. Argentina docet.