L’intervista a Gianfranco de Bosio, testimone della Resistenza veneta e autore del libro “Fuga dal carcere”, edito da Neri Pozza

Intervista di: Roberto Tirapelle

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Gianfranco De Bosio e Sarah Ferrati al Teatro Gobetti in una pausa delle prove de “La Celestina” (1961/62)
(Cr. ph. Teatro Stabile Torino)

A 96 anni, Gianfranco de Bosio, regista teatrale, lirico, cinematografico, televisivo, docente e sovrintendente all’Arena di Verona, sorprende ancora grazie all’uscita, in questi giorni, della sua ultima pubblicazione: Fuga dal carcere, edito da Neri Pozza.

La partecipazione di spicco alla lotta contro il nazifascismo e la sua spinta ideologica vanno oltre la notorietà acquisita nel corso di una carriera che ha illuminato la scena teatrale e i suoi amici e collaboratori.

Sappiamo che, dopo ore e ore di prove teatrali, con una tempra che caratterizzava la sua passione, rimaneva, solo, a contemplare la scena e a riorganizzare le intuizioni per il giorno dopo.

Allora, cos’è questa “Fuga dal carcere”? Il libro si ambienta nel 1944 e racconta la liberazione di Giovanni Roveda, figura fondante del sindacalismo italiano, dal carcere degli Scalzi di Verona.

Ho sempre guardato con molta curiosità quell’edificio storico situato vicino a due abitazioni in cui ho vissuto per molti anni. Non mi interessava l’aspetto architettonico, ma ciò che evocava, senza sapere esattamente quanto accaduto. Mi ha sempre infuso strane sensazioni di irrequietezza. In seguito, ho cominciato a conoscerne la storia.

La sorpresa dell’uscita di questo ultimo libro di Gianfranco de Bosio, che ho sempre ammirato per la missione e la lezione di un dialogo interculturale tra cinema, teatro e lirica, non poteva non coinvolgermi immediatamente.

L’intervista a Gianfranco de Bosio

Professor de Bosio, cosa l’ha spinta a scrivere un libro di genere storico? Avrei pensato magari a una pubblicazione sullo spettacolo teatrale o musicale, o su qualche genere letterario da Lei approfondito e realizzato anche nella Sua immensa carriera

“Questo mio ultimo lavoro non nasce dal desiderio di scrivere un libro di genere ‘storico’, ma dal voler raccontare una storia della quale sono stato testimone durante gli anni della Resistenza”.

È d’accordo che i fatti accaduti in quel 1944 a Verona siano senz’altro poco conosciuti anche dagli stessi veronesi?

“È proprio questo il motivo per il quale ho scritto il libro. Le date e i fatti sicuramente sono noti, ma lo svolgimento di quanto è accaduto può raccontarlo solo chi ha vissuto l’esperienza”.

Nel suo libro si dipana un filo rosso che, a mio parere, è molto vicino a una narrazione cinematografica. Potremo ricordare Il Terrorista, suo film del 1963, non a caso ambientato nel 1943. Insomma, Lei è stato un orgoglio della Resistenza veneta: le piace tuttora parlarne? Esiste ancora oggi la “Resistenza” nel mondo, nell’era del digitale?
Una sequenza de “Il terrorista”

“Ho in entrambi i casi narrato vicende accadute negli stessi anni. Se continuo a parlare di Resistenza, è soprattutto per dare testimonianza alle nuove generazioni, ai nativi digitali, affinché possano comprendere più in profondità quello che noi abbiamo vissuto alla loro età”.

Nel suo libro c’è il desiderio di celebrare il sindacato nelle sue forme di tutela, libertà, determinazione? Una figura come Giovanni Roveda non dà segni di ravvedimento di fronte al potere; solo le conseguenze di un proiettile, alla fine, lo hanno fermato

“In quanto testimone, ho ritenuto doveroso ‘raccontare’, per evitare che un fatto storico così importante cadesse nell’oblio”.

Gianfranco de Bosio, Fuga dal carcere, Neri Pozza, Collana: Piccola Biblioteca, Pagine: 144

Si ringrazia Maria Rita Simone