Nell’odierno Lampi News trova spazio la tematica della vaccinazione, tra dati incontrovertibili e tendenze, come si suol dire, “alla belin di segugio”

Di: Andrea Panziera

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Una doverosa premessa. Sono del tutto favorevole alla somministrazione dei vaccini, ma sono altrettanto consapevole che il fattore tempo ha di certo inciso sulla possibilità di un’analisi più accurata e mirata riguardo i loro effetti collaterali.

Gli esperti li escludono o tendono a circoscriverne la portata, ma a tale proposito usano una formulazione che merita una riflessione: i benefici sono di gran lunga superiori ai rischi. In queste parole c’è tutto; basta saperle leggere.

Detto ciò, chiedo venia ai lettori per gli omissis. La loro scaturigine non va in alcun modo ricondotta alla mia volontà di celare qualcosa, bensì alla difficoltà di trovare spiegazioni plausibili a eventi/accadimenti la cui responsabilità appare al momento difficile da attribuire. Partiamo dai dati incontrovertibili.

I dati incontrovertibili di Lampi News

La campagna vaccinale in Italia ed in Europa sta andando più a rilento del previsto. Colpa delle case farmaceutiche, ci chiediamo? Case che, a dispetto dei proclami di assoluta parità di trattamento, stanno penalizzando le consegne delle dosi nel Vecchio Continente a favore di altri committenti disposti a sborsare cifre superiori? Oppure, colpa degli Stati membri dell’Unione? O, magari, della impreparazione delle rispettive strutture preposte all’inoculazione di massa, ovvero dell’EMA, che rispetto ad altri enti preposti all’esame dei farmaci ne ha ritardato l’approvazione per lungaggini burocratiche? Chi può dirlo?

Sta di fatto che, rispetto a chi si è mosso con ben diversa celerità, siamo più o meno alla metà delle persone immunizzate. Il divario tende in questi giorni ad aumentare, soprattutto a causa della temporanea sospensione nell’utilizzo del preparato di Astra Zeneca. Le autorità di tutti i Paesi garantiscono che il tempo perso verrà a breve recuperato, ma allo stato la fotografia non lascia adito a dubbi.

Questa l’evidenza generale, sebbene un’analisi dei dati disaggregata fornisca elementi utili a ricavare un quadro d’assieme più chiaro e intellegibile. In Italia, le divaricazioni di prestazioni fra le singole regioni appaiono molto evidenti e non sempre rispecchiano le tradizionali – e un po’ vetuste – collocazioni geografiche. Di più: alcuni sistemi sanitari del settentrione, un tempo decantati, mostrano inefficienze e approssimazioni che appaiono impermeabili anche al cambio dei referenti politici. A dimostrazione che il vizio viene da lontano e la pandemia ne ha solo messo a nudo le criticità operative.

“Alla belin di segugio”

Mi sono stati narrati dai diretti interessati due episodi accaduti in questi ultimi giorni a Milano. Primo, le linee guida nazionali prevedono che il personale sanitario venga vaccinato con Pfizer; a un medico è stato proposto Astra Zeneca, perché gli addetti quel pomeriggio avevano deciso, e non si sa in base a quali principi, di iniettare solo quel farmaco.

Secondo, a una signora di 35 anni, affetta da allergie per le graminacee e i peli di gatto, nonché intollerante all’acido acetilsalicilico, è stato consigliato dal personale preposto di non procedere alla vaccinazione. Avrebbe potuto rischiare l’infertilità – questa la motivazione data – e le possibili conseguenze in caso di contagio, vista la giovane età, non sarebbero state così drammatiche.

Mi sia consentita una considerazione conclusiva: qual è il criterio che sovraintende alla somministrazione dei diversi preparati? Meglio ancora, il margine di consulenza discrezionale è lasciato alla libera interpretazione del singolo medico/infermiere addetto all’inoculazione o esiste un disciplinare a cui attenersi?

Se a prevalere fosse la prima ipotesi, appare evidente che ognuno ci metterebbe del suo. Certamente non per malafede o altro, ma con il rischio concreto che diventi prassi consolidata quel noto metodo di lavoro che un cacciatore ligure definirebbe “alla belin di segugio”.