La comunicazione secondo Palo Alto: non una semplice trasmissione di informazioni, ma la stessa essenza del vivere insieme

Di: Simone Massenz

LEGGI ANCHE: .Comm – La comunicazione a portata di click

Nel 1969, gli studiosi Watzlawick, Beavin e Jackson delinearono i cosiddetti “assiomi della comunicazione”, un insieme di cinque proprietà essenziali destinate a cambiare per sempre non soltanto il mondo della comunicazione, ma anche quello della psicologia contemporanea.

Sto ovviamente facendo riferimento all’opera Pragmatica della comunicazione umana, testo basilare per chiunque intenda navigare nel mare magnum delle odierne teorie e scienze della comunicazione.

In ordine, gli assiomi affermano che:

  1. Non si può non comunicare;
  2. Ogni comunicazione ha un aspetto di contenuto e un aspetto di relazione;
  3. La natura della relazione dipende dalla punteggiatura delle sequenze di comunicazione;
  4. La comunicazione umana è composta da codici analogici e digitali;
  5. Tutti gli scambi di comunicazione sono simmetrici o complementari.

Procediamo per gradi.

Non si può non comunicare

La comunicazione è comportamento. Vale anche l’opposto: il comportamento è comunicazione. Da qui il primo assioma, fondamentale e imprescindibile, da cui ogni altro inevitabilmente deriva: non si può non comunicare.

Il ragionamento è logico e sequenziale: come detto, la comunicazione è comportamento; ergo, siccome non ci si può “non comportare”, allora non si può non comunicare. Le parole hanno valore di messaggio tanto quanto il silenzio, al punto che “decidere di non comunicare” è esso stesso comunicare.

Per fare un esempio, qualora due individui (A e B, poniamo) si trovassero in una sala d’attesa e, com’è consuetudine, decidessero di ignorarsi e di rimanere in silenzio, starebbero comunque comunicando. Il loro silenzio rappresenterebbe infatti un comportamento, un’interazione analizzabile alla pari di una discussione animata o di una chiacchierata informale.

Il contenuto e la relazione

Ogni comunicazione gode di due aspetti, l’uno di contenuto, l’altro di relazione. Se consideriamo la comunicazione come la mera “trasmissione di un messaggio”, allora dobbiamo sollevare due quesiti: anzitutto, di cosa tratta questo messaggio? In secondo luogo, quale rapporto intercorre tra i soggetti comunicanti? Le risposte al primo e al secondo punto consistono rispettivamente nel contenuto e nella relazione.

Con “contenuto”, cioè, si fa riferimento alla “notizia”, all’informazione veicolata dal messaggio. Con “relazione”, invece, si sottolinea la modalità in cui la comunicazione è espressa. In breve, il contenuto è il “cosa”, la relazione il “come”.

Le due frasi “apri la porta” e “apri la porta!”, ad esempio, condividono lo stesso contenuto: la comunicazione di aprire la porta. Diversa è però la relazione che intercorre tra i comunicanti. Nel primo caso, è probabile che si tratti di una richiesta di A nei confronti di B; nel secondo, è plausibile che si tratti di un ordine, che in quanto tale porrebbe B su un piano di subalternità rispetto ad A.

La punteggiatura delle sequenze

La natura di una relazione comunicativa dipende dalla punteggiatura delle sequenze di comunicazione tra comunicanti. Che cosa significa?

Durante uno scambio comunicativo, i comunicanti producono una punteggiatura della sequenza di eventi, a seconda della quale varia la loro relazione e il loro modo di interpretare la realtà. Un disaccordo nella punteggiatura, ovvero nel modo di osservare gli eventi, genera conflitti.

Come si può intuire, è un problema tipico delle relazioni sociali. I litigi intra-relazionali, infatti, derivano spesso da una visione distorta della punteggiatura: il rischio è quello di analizzare la situazione solo secondo il proprio punto di vista, tralasciando quello dell’altro comunicante – a cui si è soliti attribuire la colpa dell’alterco.

Analogico e digitale

La comunicazione può avvenire attraverso modalità analogiche e digitali.

Con “comunicazione analogica” s’intende un tipo di comunicazione non verbale o tramite immagini, in cui la comunicazione in essere risulta appunto analoga al suo oggetto.

Per intenderci, se A porge a B la foto di una torta, e nel mentre si tocca la pancia, B può dedurre che A abbia fame e voglia mangiare una torta. Il tutto senza menzionare verbalmente il dolce, bensì richiamando una perfetta corrispondenza tra il significante e il significato, ossia tra la torta e la sua immagine.

Viceversa, con “comunicazione digitale” si fa riferimento alla comunicazione verbale, quella che sfrutta alcuni segni convenzionalmente selezionati e riconosciuti – lettere e parole – per designare il suo oggetto.

Riprendendo l’esempio di cui sopra, le lettere “t-o-r-t-a” agevolano in noi la rappresentazione mentale di una torta, oggetto che conosciamo perfettamente. Ma avrebbero potuto richiamare altrettanto una casa o un albero, in quanto non esiste una corrispondenza diretta – e analoga – tra significante e significato, tra le lettere t-o-r-t-a e l’oggetto torta. Il fatto che ricordino una torta è dunque il risultato di una convenzione linguisticamente fissata.

Simmetria e complementarità

Ogni scambio comunicativo può essere simmetrico o complementare, ove con “simmetria” e “complementarità” indichiamo la tipologia di relazione instaurata al suo seguito.

Di fatto, stiamo parlando nientemeno che di leadership: lo scambio può dirsi “simmetrico” quando la relazione tra i comunicanti si sviluppa su un piano di parità, e quando gli stessi comunicanti si considerano alla pari; d’altro canto, può dirsi “complementare” quando la relazione si sviluppa su piani differenti, con un individuo situato in una posizione d’inferiorità e l’altro in una posizione di superiorità.

Nel primo caso, il conflitto è spesso alle porte, siccome nessuno dei due comunicanti accetta di essere sottomesso alla controparte. Basti pensare ai problemi relazionali menzionati poco sopra. Nel secondo caso, i comunicanti accettano la disparità di livello e la relazione procede generalmente senza problemi. È quanto avviene tra dirigenti e impiegati in un’azienda, per intenderci, o tra alunni e docenti in un’università.

Comunicare: l’essenza del vivere insieme (nel bene e nel male)

A quale scopo elencare e spiegare gli assiomi della Scuola di Palo Alto? La mia intenzione era duplice: in primis, fare chiarezza riguardo ai concetti chiave di questo mondo, così da permetterti di capire più agevolmente gli articoli futuri; dopodiché, presentare la comunicazione sotto diverse spoglie, non più nella forma di un semplice meccanismo di trasmissione di informazioni, ma come la stessa essenza del vivere insieme.

Ogni assioma presuppone infatti una relazione, un legame tra individui. Tanto che, ed è un dato di fatto, non si può comunicare da soli. Sì, si può parlare da soli, ma la nostra mente – spiega la psicologia – proietta sempre l’immagine di un altro verso cui dirigere il messaggio. Se ci rifletti, parlare da solo significa parlare con un te stesso fatto altro e proiettato mentalmente al di fuori di te – un efficace scioglilingua!

È questa la lezione più importante che si possa dare in termini di comunicazione: dal latino “com-munire”, ovvero “legare insieme”, indica la messa in comune di pensieri, azioni, esperienze e sensazioni con gli altri. Con gli altri.

Non si tratta solo e soltanto di trasmettere un’informazione, né semplicemente di muovere il corpo ed esprimere concetti: la prima regola da tenere a mente è che la riuscita dello scambio dipende dalla relazione che instauri con l’altro. Perché, senza l’altro, non puoi comunicare.

Non pensare che stia dicendo un’ovvietà. È infatti questo il punto su cui molte aziende, molte istituzioni e molte figure devono tuttora lavorare per migliorare le proprie abilità comunicative: l’attenzione verso l’altro.