L’odierno Lampi News si concentra su Turchia e Brasile, Paesi apparentemente presi in ostaggio dai rispettivi leader

Di: Andrea Panziera

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Turchia e Brasile, tanto lontani ma, per alcuni versi così vicini. Cos’hanno in comune? Entrambi sembrano Paesi presi in ostaggio dai loro rispettivi leader. Con una aggravante. Che le conseguenze delle loro azioni non si riflettono solo sulla situazione socio-economica interna, ma presentano implicazioni internazionali per nulla secondarie, in termini di stabilità dei Mercati e non solo.

Innanzitutto un dato solo in apparenza casuale: la elevata inflazione e la conseguente svalutazione delle relative monete. In Turchia la perdita del potere d’acquisto veleggia al 20% ed in Brasile al 10%. Come hanno risposto Erdogan e Bolsonaro a questa contingenza?

Il primo ha di fatto commissariato la Banca Centrale di Ankara, imponendo una politica monetaria che contravviene a tutti i canoni consolidati della dottrina. Infatti, dopo aver licenziato i Governatori ed i funzionari restii a seguire i suoi desiderata, ha deciso di tagliare i tassi di interesse di ben 400 Punti Base, individuando nella loro ampiezza la scaturigine di tutti i mali che affliggono il sistema economico del suo Paese.

Risultato? In poche sedute la lira turca ha lasciato sul terreno quasi il 20%, portando le perdite da inizio anno al 40%. Per uno Stato che non dispone di materie prime e che quindi deve importarle pagandole in dollari, ciò costituisce uno sconsiderato tentativo di eutanasia finanziaria. La chiamata alle armi della popolazione, invocando l’esistenza di una fantomatica “guerra di liberazione economica”, potrebbe apparire come una trovata eccentrica, se non avesse risvolti drammatici soprattutto per i ceti medio-bassi, i più colpiti dalle fiammate inflazionistiche.

E Bolsonaro, questo campione delle libertà civili e del rispetto delle minoranze, accolto da alcuni nostri politici nazionali e da qualche amministratore locale come un cavaliere senza macchia e senza paura? Tralasciamo la gestione disastrosa del Covid che ha provocato oltre 600.000 morti, stendiamo pure un velo pietoso sui danni ambientali provocati dalla deforestazione amazzonica.

Fra un anno in Brasile si terranno le lezioni presidenziali ed il nostro, molto indietro nei sondaggi rispetto a quello che si annuncia come il suo più probabile rivale (l’ex capo dello Stato Lula da Silva) ha deciso di aggirare i vincoli di Bilancio previsti in costituzione per proporre un provvedimento (denominato Auxilio Brasil), quasi una fotocopia di quello attuato dal suo antagonista anni prima (Bolsa Familia). Quello che un tempo era additato come populista , ora viene riverniciato di patriottismo, con due aggravanti però.

In primis vengono eliminate le condizionalità per accedervi, con l’evidente intento di far piovere queste prebende in modo indistinto sulla più ampia platea possibile di votanti, a prescindere da ogni documentata considerazione di effettiva necessità.

Inoltre, per farlo passare viene attuata, con una sorta di artificio contabile, una palese forzatura del dettato costituzionale, il quale prevede che la Spesa Pubblica non possa crescere più dell’inflazione.

Ah, dimenticavo; come in tutte le migliori sceneggiate della politica ad uso “allocchi e sprovveduti” il termine per questa misura di ristoro dei redditi è previsto guarda caso subito dopo l’effettuazione delle elezioni. Del dopo nulla si dice. Passata la festa…